Cronache dalla Leopolda 11, il Fosso di Elmo del renzismo

2021-12-06 22:52:17 By : Mr. Jack Hou

Andavamo in quella che i maliziosi chiamavano "l'ultima Leopolda" e parlavamo con politici, giornalisti, appassionati.

Nel judo il termine Uchi-Mata-Sukashi indica un tipo di schivata che evita un attacco di fascia da parte dell'avversario e lo getta a terra. Per eseguirlo è necessario un certo tempismo, sia nel suggerire l'attacco ed evitarlo con il minimo sforzo, sia nello sfruttare la sua forza propulsiva e mandare l'altro judoka a faccia in giù. Negli ultimi anni Matteo Renzi ha gestito due di queste operazioni politiche: nel 2019, quando evitò l'ascesa di Salvini ai pieni poteri, e all'inizio del 2021, quando rovesciò il governo Conte II e portò Mario Draghi a Palazzo Chigi. Due montanti proprio sulle fauci di quelle forze sovrane e populiste emerse glorificate dalle politiche del 2018 e che sembravano aver decretato la fase terminale del renzismo. Flessibilità, tattica e capacità di osare hanno permesso al leader di Italia Viva di tenere a galla e guadare questa legislatura; conquistando un ruolo da protagonista anche nella difficile situazione in cui si trovava. Ora che la legislatura però è agli sgoccioli - lo stesso Renzi ha più volte dichiarato, nei giorni scorsi, di sentire la minaccia di un voto anticipato nel 2022 - nel breve-medio periodo Italia Viva si trova di fronte a una sfida in cui tattica e schivate hanno meno peso: quando i sondaggi smettono di essere riti aruspici e si concretizzano nell'aritmetica dei voti.

Italia Viva è attualmente data tra il 2 e il 4%, alcuni prevedono il corpo elettorale come un plotone d'esecuzione per Renzi (che ha ammesso ironicamente di essere "in un complicato rapporto con il consenso"), quindi il partito e il Renzismo devono trovare un modo per sopravvivere questa fase, sperando di restare in gioco e partecipare alla fine della stagione populista e sovranista insieme a quella parte del Paese (sommersa e più corposa di quanto si creda, sostengono) che pensa all'Europa e alle soluzioni per l'Italia da un punto di vista riformista. Nessuno ha ben chiaro cosa accadrà in questo ambito politico: quella fantomatica ricomposizione centrale si formerà con Azione, + Europa, Base Italia e possibilmente (quasi) "parti sane" di Forza Italia o vecchi amici del PD stufi del alleanza populista? Matteo Renzi ha intenzione di fondere Italia Viva in questo calderone e, nel caso, fare momentaneamente un passo indietro come frontman? In realtà, ormai da tempo, ha già deciso di dedicarsi ad altre occupazioni più soddisfacenti, ai margini della politica, ma ha ancora bisogno di crearsi un campo di movimento?

In ogni caso, il verbo è “resistere”, e si incarna nel momento di maggior attacco coordinato al Renzismo dall'inizio della sua storia. L'inchiesta Open, le critiche e l'indignazione per i convegni in Arabia Saudita, le inchieste di Report, i continui scontri con i giornalisti (il tre contro uno a Otto e Mezzo con Gruber, Travaglio e Giannini è quasi didascalico), e gli attacchi politici aggiungere fino a un assedio totale. Il luogo dove questo scontro ha cominciato a dipanarsi, tra alzabandiera, contrattacchi e una colonna sonora a base di Maneskin è stata Leopolda 2021, il Sabba di Renzi, dove ho passato gli ultimi tre giorni a cercare di capire cosa resta dei renziani e come vedono il futuro.

Alcuni l'hanno definita "l'ultima Leopolda", ma a prima vista l'evento, fin dal suo primo venerdì sera, non appare affatto come l'evento di una forza politica ormai considerata irrilevante. Non solo perché fortemente partecipata, ma perché il morale dei presenti appare tutto sommato intatto rispetto alle vecchie “vocazioni maggioritarie” ormai disattese, e quasi addirittura rafforzate. Ridotte di dimensioni, forse con il futuro politico segnato, le persone che si presentano al cancello della vecchia stazione fiorentina dalle tre del pomeriggio (l'orario di apertura è alle 18.00) sono ancora convinte che la loro presenza sia importante. Il senso di appartenenza mi è sembrato la vera moneta di questa edizione, e quasi tutte le persone con cui ho interagito hanno voluto specificare il numero di Leopolde che avevano alle spalle, come se fossero distintivi militari. Lo stesso Renzi farà notare, durante il suo intervento conclusivo, che alcuni membri dell'organizzazione quest'anno hanno simbolicamente deciso di utilizzare il vecchio scudetto della prima edizione. Gli interni sono decorati con (tipiche) citazioni ispiratrici che vanno da Marconi, a Peggy Noonan, a Jay-Z; mentre il palco quest'anno si configura come uno studio radiofonico ("il modello sono le radio libere degli anni '70", suggerisce qualcuno in sala stampa, mentre a me, visti i tempi minacciosi, ricorda più un riferimento non voluto a Radio London di Candidus) dalla cui ispirazione parte anche una delle novità di questa edizione: la fondazione di Radio Leopolda, che partirà dal 12 gennaio. Alcuni giornali nel descrivere il pubblico hanno forse abusato di malizia nel sottolineare che le sedie nelle due navate sono occupate per lo più da persone anziane - che in realtà rappresentano una grossa percentuale - ma la presenza dei giovani mi sembra ancora coerente per un Venerdì sera apertura. .

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La Leopolda ha sempre avuto una liturgia molto ordinata: la prima serata è dedicata ai saluti e all'impostazione "filosofica" dell'evento, la seconda giornata è riservata ai tavoli di discussione sui vari temi e agli interventi tematici dal palco, mentre la terza è la più quello "politico". Renzi non perde troppo tempo quando si presenta agli applausi, attorniato sul palco dai giovani "conduttori radiofonici" che provengono dalla sua scuola politica in stile Frattocchie per la "generazione ventotenena", e già indica lo stato d'animo di l'intera vicenda, che d'altronde è tutta mutuata dal simil-breviario pubblicato pochi mesi fa, Controcorrente: l'anticonformismo è la chiave per la sopravvivenza. Essere pochi non è un problema, essere aggrediti quotidianamente non è un problema, muoversi tra i crateri della Marna dove sono esplose le bombe di populismo e sovranità degli ultimi anni non è un problema: con la forza delle idee, anche impopolari, si può costruire qualcosa di solido.

Fuori ci sono i No Vax, i No Green pass, gli attivisti radicali Woke, la sinistra nostalgica che flirta con i populisti, QAnon, Matteo Salvini, Giorgia Meloni che considera troppo moderata Marine Le Pen, l'Europa dei muri, gli assalti al Campidoglio, il ritiro disordinato dall'Afghanistan, un Mediterraneo in subbuglio, e un secolo asiatico che comincia a bussare senza risposta: per resistere, convivere e reagire a tutto questo, basta restare fedeli a se stessi, controcorrente. Per evidenziare il punto, come spesso ha fatto in passato, Renzi utilizza un video, ovvero un breve estratto di Radiofreccia (quello del famoso discorso "Credo anche io" di Ivan Benassi). Nonostante i colpi, insomma, la Leopolda si conferma una zona deironizzata quando si parla di entusiasmo e retorica ottimista. Ci credono, come sempre, più che mai. In fondo, la Leopolda era in realtà un evento in cui si generavano idee che diventavano leggi (come il Jobs Act) e personaggi politici. Nel 2014 stavo realizzando un altro reportage proprio qui (con tutt'altro spirito, visto che era l'edizione del 40% degli Europei) e ai tavoli di discussione ho intervistato un giovane espatriato di 29 anni a Londra, che mi ha coinvolto in un discussione serrata sul futuro del PD di ispirazione renziana. Quella specie di pre-trentenne con le idee chiare, tante esperienze formative in fremito e tanta voglia di fare, che ti fa provare rimorso per il tempo perso in gioventù: era presente all'evento solo come visitatrice (anche se lei aveva fondato il club PD London & UK), ma con l'aria di chi vuole metterci il proprio. Si chiamava Massimo Ungaro e nel 2018 è stato eletto deputato nella circoscrizione Esteri Europa.

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Lo vedo appostato vicino al palco, e decido di avvicinarmi a lui per intervistarlo di nuovo, ora che il renzismo è in modalità sopravvivenza. “Siamo qui oggi per costruire un perimetro di riformismo”, mi dice, “in contrapposizione alla destra e alla sinistra sovrane che è contaminata dal populismo demagogico. C'è un campo molto ampio per farlo, che va da una parte del PD a una di Forza Italia, con tante precisazioni in mezzo: in questo ambito possiamo posizionarci con la credibilità di chi ha combattuto tante battaglie, fatto scelte riformiste forse impopolari. , ma che hanno prodotto risultati per il Paese. Siamo nati da poco e abbiamo avuto poco tempo per organizzarci sul territorio, ma alla fine andare alle elezioni anticipate nel 2022 non sarà un dramma, ci organizzeremo anche se costretti, e cercheremo di superare la barra del 3%. L'importante adesso, però, non è l'alchimia elettorale: i partiti sono solo un mezzo, le idee e le riforme contano. "

Il problema, o almeno mi sembra, è che quella porzione di campo politico è molto sfumata e distingue le varie differenze e identità (al netto delle ambizioni di leadership, o dei timori di essere assorbiti, che possono ancora far saltare gli accordi tra le parti) è difficile. Italia Viva è una realtà che si muove verso il campo della destra liberale o resta nell'orbita del centrosinistra? Nonostante le semplificazioni dei giornali e della politica mainstream, che spesso raccontano Matteo Renzi come una sorta di porfirogeno del post-Berlusconi, la questione è complessa: la Leopolda, ad esempio, ospita relatori e mecenati le cui idee ed enunciati a volte sembrano quasi scontrarsi.

Ci sono imprenditori come Davide Serra, che nel suo intervento elogia la bellezza della concorrenza come motore del progresso e sollecita incentivi all'impresa privata e all'autoimprenditorialità dei giovani (e viene da pensare "evviva il capitalismo"), poi ci sono sono altri come Antonio Gozzi che invece indicano il futuro dell'azienda nella condivisione degli utili con i dipendenti: restiamo nell'ambito del pensiero liberale, ma con sfumature diverse. Ci sono poi figure come quella di Isabella Conti — sindaco di San Lazzaro — che durante l'ultima giornata dal palco sottolineano con forza le differenze tra centrodestra e centrosinistra, e rivendicano la necessaria adesione di Italia Viva in seconda sponda.

Per tutto il secondo giorno, girando intorno ai tavoli di discussione, cerco di andare a fondo della questione ascoltando le opinioni degli ospiti. I tavoli rotondi (in questo caso lunghi tavoli rettangolari) sono il grande motore di contatto con la propria gente per Italia Viva: quest'anno sono 40, ei temi spaziano da "Fine vita, dove può andare la legge?" alla “transizione ecologica tra Greta e Cop26” fino a “Sanità 2030”. Al tavolo 24 Sandro Gozi parla animatamente del futuro dell'Europa: ha intorno uno sciame di partecipanti rapiti, che arringano quasi da un pulpito, si alzano sul tavolo, e si lanciano nel difficile compito di elencare e prevedere tutte le sfide a livello europeo che ci aspetta, passando da Erdogan e il controllo del Mediterraneo, all'ambiente, fino all'opportunità di riappropriarsi di un esercito europeo.

I partecipanti sono veloci e fanno molte domande, quasi tutti hanno un taccuino per prendere appunti e sembrano assorbiti dalla convinzione che discutere di dinamiche macro-continentali con Gozi avrà qualche effetto reale sulle loro vite. Alcuni tavoli sono più popolati, altri meno, e spesso alcuni leopoldini commettono atti di pirateria spostando sedie da un tavolo all'altro (severamente vietato) per partecipare ai temi che più li interessano. Le norme igienico-sanitarie (nonostante i ripetuti avvertimenti e raccomandazioni dell'organizzazione) non sono seguiti esattamente dagli ospiti: diversi nasi emergono dalle mascherine e le distanze sono molto ravvicinate.

Dopo le discussioni sono appostato vicino al tavolo 27, “Cosa significa essere liberaldemocratici”, dove incontro Dejan ed Emanuele, che vengono dalla provincia di Udine e hanno 24 e 26 anni. “Il tema del nostro tavolo riguardava proprio l'identità del partito”, mi racconta Emanuele, “e credo che sia importante definire la nostra posizione non in negazione, ma in modo propositivo. Siamo liberal-progressisti in economia, ma Italia Viva ha sempre avuto a cuore anche il tema dei diritti e delle pari opportunità. Non da un punto di vista idealistico, ma concreto e riformista. Il nostro campo in Italia è il centrosinistra, perché la destra italiana non è liberale: anche Forza Italia dovrà finalmente chiarire e risolvere la contraddizione di partiti sempre vicini come Lega o FdI. "

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In realtà, il tema che essere a favore dei diritti civili è prerogativa esclusiva della sinistra, ed è sufficiente per inquadrare un partito nonostante le idee economiche liberali, aleggia da un po' nel nostro discorso. Alla base, credo, c'è anche un altro concetto: quello della moderazione e dei compromessi politici con le varie parti sociali. “Nello scenario politico odierno”, continua Emanuele, “ricorre la frattura del secolo scorso, quella tra massimalisti e riformisti. C'è chi preferisce rappresentare un problema piuttosto che risolverlo, mentre Italia Viva pone esattamente il contrario. "

Si tratta, secondo Dejan, di un tema importante anche per quanto riguarda l'attrattività di Italia Viva per i giovani della Gen Z. «La nostra generazione è in un momento di confusione ideologica: non so quanto i coetanei capiscano il valore dell'essere moderato, compromesso. È tutto bianco o nero e i social non fanno altro che alimentare la polarizzazione. Pensiamo alla posizione legittima ma ancora troppo di parte dei Fridays For Future. Penso siano ruoli diversi, che a volte possono sovrapporsi ma che è bene distinguere: l'attivista porta avanti battaglie, che possono essere radicali, ma poi sta al politico cercare i voti parlamentari necessari per far passare una legge».

Il dubbio che in questo momento il compromesso (come luogo di pensiero, anche cinico) non sia esattamente la moneta più quotata sul mercato politico è un'osservazione trasversale, che va oltre le generazioni e non riguarda solo la questione delle scelte politiche . Le conferenze di Matteo Renzi in Arabia Saudita, i suoi rapporti con bin Salman (e tutto ciò che questo porta con sé, dal dibattito sui diritti civili in Arabia all'uccisione di Jamal Khashoggi) pongono una difficile situazione di compromesso, anche morale, con le recenti scelte di il leader di Italia Viva dagli stessi elettori rimasti.

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Incontro Alberto, che ha 29 anni ed è coordinatore del Comune di Milano, e su questo mi confronto con lui: “Credo che la moralità appartenga alla persona. Quando si parla di convegni si esamina un vuoto legislativo in Italia, che consente loro di avere un senatore. Posso dirvi che, per quanto mi riguarda, avrebbe potuto evitarlo, se fossi deputato o senatore lo farei a tempo pieno, ma è una questione di scelte personali. Vorrei ricordarvi, però, che in questo Paese abbiamo permesso alle donne di votare nel 1945”. Liziana, che ha 51 anni, vede invece la questione sotto un'altra lente: “Credo che per portare la voce della democrazia , anche una goccia alla volta, a certi Paesi lontani dalla nostra cultura, è necessario relazionarsi con loro. Forse non servirà subito, i risultati si vedranno tra 20-30 anni, ma è una speranza”.

Non sono della stessa opinione alcuni manifestanti e attivisti, che si presentano fuori dai cancelli della stazione in disuso brandendo cartelli con la faccia di Khashoggi e frasi come “Italia Viva, Conscienza Morta”. La questione è importante, e secondo me dovrebbe comportare una riflessione più ampia rispetto al mero futuro e guadagni di Matteo Renzi, perché il dibattito morale coinvolge anche il passato e il prossimo futuro politico della nostra comunità in relazione ai diversi Paesi dove i diritti civili, la libertà dei giornalisti e in generale gli standard di civiltà che applichiamo tendono a non essere sempre come vorremmo che fossero. Ufficialmente, però, la questione non viene mai toccata nel corso della L11, se non indirettamente attraverso controaccuse sui finanziamenti ricevuti da Bersani dalla Riva dell'Ilva e da quelli venezuelani del M5S.

Sul palco, il pomeriggio della seconda giornata è invece dedicato all'altra grande questione spinosa per Matteo Renzi, il Caso Aperto: dopo gli interventi di Sabino Cassese (acclamato dal pubblico), Annamaria Bernardini de Pace, Gian Domenico Caiazza e Carlo Nordio, tutte tesi per evidenziare le falle del sistema giudiziario italiano, il leader di IV impiega circa un'ora e mezza a smontare le tesi accusatorie dei pm sull'inchiesta Aperta, lanciando attacchi diretti a una parte della magistratura e alla tecnica di "strascico" con cui sono state condotte le indagini, che ritiene suscettibili di minarlo politicamente. La storia è molto complessa e articolata, e vi invito ad informarvi e ad analizzarla nel dettaglio (se non lo avete già fatto) per formarvi una vostra opinione. Quello che vorrei sottolineare ai fini del reportage è che il pubblico reagisce a questa parte dell'evento con grande calore e vicinanza nei confronti di Renzi, le cui incisioni sono impreziosite da applausi e grida di incoraggiamento; il tema della dannosa commistione tra una certa magistratura e politica, insomma, è diventato definitivamente importante per i mecenati della Leopolda.

Intanto fuori dai cancelli arriva un gruppetto di manifestanti, questa volta No-Green pass, con strani cappelli e striscioni. Mi avvicino a uno di loro e provo ad intervistarlo. Indossa una corona con scritto "virus" e infradito nonostante sia novembre; ogni dito della mano, e anche delle dita dei piedi (che spiega la scelta delle calzature invernali) porta un anello con pietra. Mi dice che si chiama "Anarchico" e che è un insegnante di yoga, poi inizia con una filippica sui mali della terapia genica chiamata vaccino e la dittatura sanitaria che attanaglia i lavoratori. Ogni tanto si ferma a gridare "LAVORO LIBERO!" In un piccolo megafono. Cerco di capire quali sono gli impedimenti che il green pass causerebbe alle lezioni private di yoga, ma dopo un po' me ne vado con una scusa perché la conversazione non è proprio costruttiva e il mio registratore è pieno di sputi non proprio in regola con il norme igienico-sanitarie. Qualunque sia la Leopolda, anche al 2%, alcuni manifestanti continuano a richiamarlo. Il terzo giorno, quello politico, è per me il più complesso. Composto esclusivamente da interventi sul palco senza soluzione di continuità, richiede agli ospiti di sedersi e ascoltare e le possibilità di interagire con loro sono ridotte al minimo. Così mi barrico nella sala stampa, che corre lungo tutta l'ala sinistra dell'emittente, e cerco di carpire l'anima dell'evento osservando e ascoltando gli umori e le reazioni degli altri giornalisti. Mi dico che è un buon ulteriore filtro attraverso il quale comprendere il futuro del Renzismo, quello dell'analisi dei media, ma la verità è che ho dovuto trovare questa soluzione come le vere sfumature politiche contenute nei vari discorsi dei gli oratori sono spesso impercettibili da afferrare, e solo da veri giornalisti politici.

Ascoltateli discutere sui vari temi che si sovrappongono mentre sul palco si alternano diverse figure politiche: dalla presenza di due esponenti di Action, vista come dono dell'ambasciata e possibile avvicinamento delle due parti, agli intrinseci appelli alla responsabilità di uno festa di Forza Italia contenuta nel discorso di Maria Elena Boschi (uno dei più commossi, applauditi e apprezzati) —è come entrare in una sala giochi piena di fan di Magic che parlano un linguaggio da insider. Sono tanti i grandi nomi, che stazionano nella parte della sala stampa più vicina al palco, e che osservano con sguardo sapiente e decifrante l'evolversi degli eventi. Hanno l'aria patrizia di chi appartiene alla casta generazionale per la quale questa professione è ancora molto redditizia, e un giornalista esperto e noto può permettersi anche di avere un'assistente che le è attaccato come un pesce pilota.

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In genere i nomi importanti della parola stampata stanno seduti ai tavolini di legno messi a disposizione dall'ufficio stampa, osservando i monitor attraverso i quali è possibile vedere cosa sta succedendo sul palco, e scarabocchiando qualcosa di tanto in tanto (ma per il la maggior parte delle volte telefonano o chattano), mentre le loro controparti medie delle agenzie di stampa scrivono febbrilmente sui laptop come se fossero posseduti. Ho la grande fortuna di trovarmi accanto a un corrispondente ottuagenario di un giornale del sud che prima mi obbliga a prestargli i giornali del mattino (dai quali copia praticamente tutte le idee politiche sul suo taccuino) e poi cerca di rubarmeli nascondendomi li sotto l'impermeabile e facendo finta di niente. Quando provo a chiedergli spiegazioni sulle dinamiche politiche, o qualche consiglio, mi liquida velocemente e va a salutare un altro cronista più importante di me (che non ho mai potuto trattare con il networking di questo mondo).

Vado a prendere un caffè al bar e incrocio Saverio Tommasi di Fanpage armato di macchina fotografica portatile davanti ai cancelli: quando mi vede (mi ero messo la giacca per sembrare meno fuori posto, e sembravo molto "renziano" ) i suoi occhi si illuminano di voracità, le sue palpebre sembrano articolarsi, come labbra, “che ne pensi di bin Salman? Non ti vergogni di Renzi? ”, Ma poi vede passare la mia stampa e distoglie rapidamente lo sguardo, dimenticando la mia esistenza. Decido di seguirlo per un po', per vedere come si comporta e come interagisce con il pubblico, mi sembra un buon punto di vista, ma Tommasi alla Leopolda è come il personaggio misterioso di un gioco di ruolo da cui si ricava un oggetto magico: si materializza e si smaterializza alla velocità della luce, e più volte lo perdo di vista. Gravita quasi esclusivamente sugli ospiti, sembra non interessarsi a piccoli interventi politici, e se ne va prima ancora che Renzi abbia pronunciato il suo intervento finale (che mi sembra piuttosto indicativo, diciamo). Capisco subito che per cercare di muovermi in sintonia con quanto sta accadendo devo lasciare il giornale e unirmi ai giornalisti televisivi, che tra l'altro sono anche quelli che catturano per osmosi l'attenzione dei politici, che sembrano le riconosci anche nella mischia più fitta. Luciano Nobili, dopo aver tenuto un discorso infiammato e appassionato sul palco, domina l'area di rigore della pausa stampa in mezzo alla folla con i cronisti di Agorà e altre trasmissioni, destreggiandosi con cognizioni sociali e guardandomi come se fossi una macchia sospetta sul suo pantaloni. Prendo come riferimento un giovane cameraman RAI (il badge in realtà non si leggeva bene) e quando lo vedo proiettarsi verso le uscite in cerca di dichiarazioni inizio a sovrapporsi come un terzino.

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L'unico risultato giornalistico che ho ottenuto seguendo questo metodo è stato vedere Renzi manovrare con la sua Mini. Osservando i giornalisti, però, mi sono accorto che molti di loro sembrano ancora fedelmente renziani, o comunque molto simpatizzanti: una nota firma femminile dell'area garanzie, ad esempio, non ha esitato ad applaudire le parti più significative del interventi di Renzi, Boschi e Bellanova. Per la maggior parte, però, la stampa è interessata a temi scottanti: per loro, Leopolda si materializza quasi interamente negli attacchi alla magistratura, nelle accuse veementi contro gli ingrati cospiratori del PD, e nell'annuncio della candidatura di Davide Faraone al sindaco di Palermo (la grande sorpresa che staff e media vivono con enorme entusiasmo e che, a quanto pare eh, è ​​strumentale ad un riavvicinamento con Forza Italia).

In ogni caso, con questo spirito da lurker, e ascoltando gli interventi dal palco (compreso quello finale di Renzi, molto determinato e appassionato), credo di poter riassumere le prossime manovre politiche di Italia Viva for Dummies: Leopolda11 per Renzismo era come la battaglia del Fosso di Helm ne Il Signore degli Anelli. Un grande assedio da spezzare con la volontà di potenza, lanciando i Nobili dalle mura armati di ascia, e con l'entusiasmo riformista che brilla come Anduril Flame of the West.

I Renziani non si arrendono e combatteranno. La speranza, nel fragore della battaglia, è che sia possibile (grazie ad una ben manovrata elezione del Presidente della Repubblica) guardare ad est e trovare qualche alleato liberale e progressista. Renzi ha indicato il centrosinistra (un nuovo, grande, centro) come terreno fertile di rinascita e riscatto politico sul modello di Biden, Scholz e Macron. Calenda, in un'intervista con lui domenica, ha già fatto sapere di non crederci alla nascita del grande raduno. Vedremo cosa succede all'alba del quinto giorno.