Lonigo, La Peca insignita del massimo riconoscimento dalla Guida de L'Espresso - La PiazzaWeb

2021-12-29 21:53:50 By : Ms. Carrie Shen

Pierluigi e Nicola Portinari de “La Peca” in un’immagine scherzosa

È un grande riconoscimento per La peca dei fratelli Nicola e Pierluigi Portinari di Lonigo quello ottenuto dalla Guida de L’Espresso che è stata presentata oggi: il ristorante è stato inserito, infatti, nel ristretto novero dei Cappelli d’oro d’Italia.

È un gesto di illimitata approvazione e fiducia da parte di Enzo Vizzari, direttore della guida, che ha voluto inserire il locale di Lonigo, unico nel Veneto, nell’esclusivo club del quale fanno parte tredici ristoranti d’Italia. Sono quelli che, come spiegato nella guida, sono diventati dei classici, vale a dire ristoranti che ormai non ha neanche più senso giudicare con cappelli e premi perché, semplicemente, sono delle bandiere della Nuova Cucina Italiana, come l’ha battezzata Vizzari: rappresentano il non plus ultra dell’esperienza gastronomica italiana.

Il risotto ai lieviti Bellaguardia di Nicola Portinari, piatto delizioso

Posti come La Peca, ma anche quelli di altri colleghi inseriti nella classifica dei cuochi superstar come Gianfranco Vissani a Baschi, Nadia e Antonio Santini dal Pescatore a Canneto sull’Oglio, da Vittorio a Brusaporto (Bergamo), don Alfonso 1890 a Sant’Agata fra i due golfi (Sorrento) oppure l’Enoteca Pinchiorri a Firenze, il Rome Cavalieri Hilton a Roma di Heinz Beck, il San Domenico di Imola, il Miramonti l’altro di Concesio (Brescia) sono luoghi del massimo gusto a prescindere da tutto.

Sedersi a tavola alla Peca oppure in un altro di questi locali significa, per usare una metafora dei Predatori dell’arca perduta, non essere spettatori della Storia, ma entrarci dentro da protagonisti. Non è poco, anzi a dire la verità è tutto. Merito loro e della squadra che, anno dopo anno, hanno creato: persone, come loro, che non amano apparire, e infatti neanche li noterete per la discrezione, ma perfetti nell’eleganza e nell’efficienza.

Cinzia Boggia, moglie di Pierluigi Portinari, creatrice di raffinati centritavola

Qui potrei raccontare, perché li conosco e ne ho scritto anche in un libro, dei loro inizi come garzoni nella bottega di papà Serafino; del loro carattere riservato al limite della ruvidezza; della straordinaria capacità creativa di Nicola, che trova in sé il senso delle cose, anche se non ha nemmeno frequentato la scuola alberghiera: è un Woody Allen della cucina, capace di meravigliarvi sempre, restando meravigliato lui della vostra reazione.

Potrei raccontare della multiforme capacità del fratello Pierluigi, dall’ingegno sfaccettato come un dodecaedro, solido particolare al quale Platone aveva attribuito la proprietà della quintessenza, cioé della ragione delle cose. Potrei raccontare della fantasia di Cinzia Boggian, capace di ricavare da un piatto rotto molto più che un centrotavola, un simbolo (ironico) di vita.

Frequentare un posto così è come andare a un concerto di Riccardo Muti, alla partita di calcio se gioca Paolo Rossi, a teatro se recita Eleonora Duse.

Non sto neanche ad elencare i piatti. Potrei parlare del risotto ai lieviti Bellaguardia o dei dolci non dolci di Pierluigi, ma la lista sarebbe infinita. Vi raccomando solo una cosa: se vi si presenta l’occasione, andate a trovarli. Almeno una volta nella vita. Perché dopo la vita, la vostra vita cambia prospettiva. Loro lasciano un’impronta, una peca come si dice in dialetto. Sempre. (Antonio Di Lorenzo)