Venezia 79, il documentario di Laura Poitras vince la Mostra del Cinema. Guadagnino è il miglior regista- Corriere.it

2022-09-17 12:06:03 By : Mr. Sunny Wen

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Leone d’Oro a «All the Beauty and the Blooshed» diretto dall’autrice americana. Tra i premiati anche Cate Blanchett Miglior attrice con «Tar» e Colin Farrell per la miglior interpretazione maschile

Rovesciati tutti i pronostici della giuria presieduta da Julianne Moore, a Venezia vince All the Beauty and the Blooshed , il documentario dell’americana Laura Poitras sull’attivista e fotografa Nad Goldin che ha raccontato la cultura underground di New York negli Anni 70, ma anche la sua lotta militante contro la potente famiglia Sackler che produsse un farmaco devastante per crisi da overdose, donando soldi ai musei, ottenendo in cambio detrazioni fiscali. «Nad non può essere qui, per una retrospettiva, tra l’altro è il suo compleanno», dice Poitras. Non è una sconosciuta, nel 2015 ha vinto l’Oscar per Citizenfour sullo scandalo dell’agenzia per la sicurezza USA denunciato da Snowden. E’ la seconda volta che il Leone d’oro va a un documentario, dopo Gianfranco Rosi premiato nel 2013.

All’Italia (presente con cinque film in gara) va il terzo premio, quello della regia, a Luca Guadagnino. Ma il Festival è donna, cinque registe sui 23 in concorso e si aggiudicano i primi due premi. Gran premio della giuria a Saint Omer dell’unica esordiente in gara, Alice Diop, che prende anche il Leone del futuro. Francese di origine senegalese, ha ripercorso un processo che nel 2016 fece scalpore in Francia, a Laurence Coly, madre infanticida, moderna Medea che abbandona figlia di 15 mesi su una spiaggia francese, «come un’offerta al mare». La cronaca legata all’epica. Ecco Luca Guadagnino, miglior regista per Bones and All : «Non sarei qui se non ci fosse il direttore artistico Alberto Barbera che protegge i cineasti. Cosmopolita un tempo mal tollerato dall’ambiente italiano («il film è un matrimonio speciale tra Italia e America, il cinema non conosce confini»), lascia le sue tracce di desiderio profuse nei cannibali del suo horror romantico(la giovane Taylor Russel si aggiudica il premio «Mastroianni»).

Al super favorito Jafar Panahi con Gli orsi non esistono va il premio speciale della giuria, che vince ovunque ma non può ritirarli: arrestato, perseguitato dal regime iraniano, sedia resta vuota. Standing ovation in sala, ma tra i volti degli spettatori resta lo sconcerto perché si premia il cinema del reale ma non la realtà di chi sta in carcere. Girato clandestinamente, da remoto, la storia in forma di metafora prende di petto la mancanza di libertà nel suo paese: lui (già Leone d’oro nel 2000 per Dayereh ) recita se stesso, dirigendo con la web cam un film in Turchia centrato sulla storia parallela di due coppie: divieti, superstizioni, paura. Migliore attrice è Cate Blanchett che ringrazia team, cast e famiglia e dice che Tar, di Todd Field, «mi ha cambiato la vita come essere umano».

L’attrice è l’immaginaria direttrice d’orchestra affermata che usa il potere come lo usano gli uomini, manipolando, seducendo una violoncellista: finirà travolta dalle accuse di molestie sessuali. Una curiosità: nel film si dice che è direttrice musicale di una importante orchestra di Berlino, il riferimento è ai leggendari Berliner Philharmoniker (si mostrano foto di Karajan e Abbado) che però non hanno dato il permesso di girare nel loro celebre auditorium progettato da Schauron, e la troupe si è spostata a Dresda. L’attore è Colin Farrell che appare da remoto con un casco di banane che lui finge essere la Coppa Volpi. E’ il protagonista di The Banshees of Inisherin di Martin McDonagh: il regista di Tre manifesti a Ebbing, Missouri , già al Lido, vince anche per la sceneggiatura, ed è dunque la terza doppietta della settantanovesima edizione, dopo Diop e Guadagnino. E’ la storia di una amicizia maschile interrotta dalla sera alla mattina in un remoto villaggio irlandese. Metafora di quando il dolore diventa ancora più insostenibile quando non è motivato, e del destino di un popolo, quello irlandese, diviso, dilaniato dalla guerra civile del 1923.

Anche la sezione Orizzonti è donna: qui fa strike Vera Gemma, che appare con un cappello da cow-boy e ringrazia «i duoi uomini più importanti della mia vita, mio figlio Maximus e mio padre Giuliano Gemma»; il film prende ispirazioni da qualcosa che le è accaduto, si intitola come lei, Vera (nel cast c’è la sua amica del cuore Asia Argento); portano a casa il riconoscimento anche i due registi, Tizza Covi e l’austriaco Reiner Frimmel. Obiettivo: riportare gli spettatori nelle sale dopo il crollo al botteghino. Una sorta di ultima chiamata.

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