Le nuove baby gang di Milano: risse, armi in mostra, graffiti con la "Z" e il CAP - Corriere.it

2021-11-16 22:59:50 By : Mr. Tony Xun

Facce da bambino. Le pistole, le mitragliatrici, i coltelli. "Se tocchi mio fratello, preparati a passare l'inferno", "Chi sbaglia paga con il sangue", "È una famiglia non di gruppo", e ancora: "Prenderemo il Milan". Poi banconote, display di cellulari e chiamate alla periferia francese: "Zona.banlieue" come firma su Instagram e su Telegram messaggi "a tempo", che poco dopo scompaiono. A volte si incontrano con coordinate segnate su una mappa. Ci incontriamo per "combattere", assistere a percosse, sparare fuochi d'artificio, dare fuoco a bidoni della spazzatura o inscenare piccole rapine. La notte di Halloween, nei parchi cittadini e nelle zone della vita notturna, ce n'erano diversi. Per delinquere i minori riconducibili ai profili social di chi si professa parte di un gruppo di "aggressione".

Il mondo virtuale poi rispecchia e amplifica, come in un film, una città che esiste davvero sotto il radar e tocca quella dei bambini che, dopo il lockdown, hanno ripreso la scuola e ricostruiscono - non senza difficoltà - la loro normalità fatta di orari regolari. e impegni nel tempo libero. Qui - sui social - c'è lo scenario deviante di alcune periferie dove il malcontento cresce e la protezione sociale non basta. L'esibizione dell'arma, anche se finta, diventa un feticcio comune da esibire con spavalderia per costruire un profilo di potere o di minaccia.

I gruppi giovanili si rappresentano come bande. La prima è nata nel 2016: "Zona 4", o "Z4" (con riferimento ai comuni di Milano), fino ad una successiva evoluzione più localizzata ("Crvt" per Corvetto, "Pdv" per via Padova, "Gl27" per via Gola) e con il CAP della via di appartenenza. Oggi - forse anche come reazione al contenimento del lockdown - il quadro è nella direzione opposta. L'aggregazione diventa magmatica. Esplode. Si espande. Alla «Banlieue» aderiscono giovani provenienti da diverse aree che provengono anche dalla cintura metropolitana e da altre città della regione. Parola che connota una condizione sociale, più che un'area geografica.

Le "famiglie" sono talvolta animate da bambini di origine nordafricana che vivono nelle case Aler e hanno contatti tramite i social network con aggregazioni simili nelle periferie parigine e nel sud della Francia. Il collante è il disagio sociale e la difficoltà di immaginare un possibile riscatto in chiave positiva. Convergono verso il centro della città per compiere quelle che chiamano "azioni". Violenza o reati (piccole rapine, spaccio di droga). Dai canali virtuali alle mura cittadine si avverte sempre più una corrispondenza con i graffiti: “I cartelli sul territorio delle Zeta o Zone e i numeri dei CAP, spesso mescolati a scritte vandaliche e accompagnati da frasi di semantica aggressiva, sono in aumento - riflette Fabiola Minoletti del Coordinamento comitati milanesi - Segnali da non sottovalutare in quanto indicatori di un disagio diffuso».

In questa fase storica, così delicata per i bambini, «è fondamentale dare tutto il sostegno possibile alle istituzioni educative perché possano rafforzare il loro ruolo di presidio sociale - riflette il procuratore capo del Tribunale per i minorenni Ciro Cascone -. Reti sociali amplificare le possibilità di contatto e di disponibilità di chi cerca di sottrarsi alle dinamiche devianti. Occorre lavorare in senso educativo, per far sì che il gruppo diventi portatore di sani valori. A volte, però, i bambini lasciati a se stessi traducono il codice di appartenenza a comportamenti antisociali, distruttivi nei confronti delle cose, deturpanti l'ambiente, prevaricatori nei confronti delle persone, oppositori e intolleranti nei confronti dell'Autorità. La condotta criminale diventa un modo per trasmettere il disagio e la rabbia del vivere ai margini”. È fondamentale lavorare con responsabilità per recuperare alcune frange di adolescenti finora emarginate a San Siro, ad esempio: «È il quartiere più giovane di Milano, mancano educatori di strada, non c'è un solo centro di aggregazione giovanile. I ragazzi chiedono un campo da calcio, sarebbe un modo per agganciarli. Invece per loro, lì, non si è fatto niente».

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